A Donate’ t’ho portato i fichi!

Paziente simpaticissimo ma completamente ignaro dell’importanza delle sue problematiche sanitarie.

La prima volta che ci siamo incontrati, ho avuto subito la certezza che avesse un grosso problema, ma lui non era venuto per sé stesso ed è stato molto difficile fargli capire che il suo fegato stava in gravi condizioni. L’ho fatto cercare da suoi amici nel posto di lavoro, l’ho chiamato ripetutamente e, solo dopo mesi, fatto ricoverare. Alle dimissioni gli ho spiegato quanto era importante la sua grave epatopatia e quanto la dovesse monitorare.

Mia figlia abita nel mio palazzo, mi chiama di sabato alle dieci di sera dicendomi che K.H. è fuori dalla sua porta e con tono strano e un po’ nervoso (non è da lui) chiede perché io non rispondo al citofono e non sono tornata a casa!

Lei ha tentato di spiegare che forse erano affari miei su dove stavo e su quando tornavo, ma il suo italiano romanizzato è pessimo e ripete che dalle 18 è sotto casa mia e citofona per darmi dei fichi! Mia figlia li prende, lo liquida dicendo che non sa dove sono, ma mi chiama. Io sono a cena fuori, ascolto, e che devo dire e pensare? Finisco la mia serata.

Tornando a casa però qualcosa mi gira nella testa, è strano, troppa insistenza per un regalo. La mattina di domenica, visto che continuo a pensarci, vado a studio prendo il suo numero e gli telefono. Mi racconta che da due giorni trovava sangue in bocca soprattutto al mattino, ma doveva lavorare, e sabato sera quando ha finito la moglie lo ha costretto a chiedermi consiglio. Non so come conosceva la mia casa. Con due giorni di ritardo ha fatto un intervento di urgenza di legature delle varici esofagee che non sapevo avesse, e ricoverato una settimana.

Al controllo: grande sorriso e “Donatè, che me dici erano buoni i fichi? Te li riporto?

Anche no grazie… Va beh mi piace anche altra frutta… Se ti capita qualcosa portala, ma non ti trascurare.

Ce l’abbiamo fatta, sob!