A scuola non c’è posto. Il diritto allo studio dei minori stranieri: la storia di M

La mattina del 24 febbraio, durante una lezione della nostra Scuola di Italiano, viene a trovarci una famiglia bangladese con la figlia di 11 anni. Alla domanda della volontaria Simona “perché la bambina non è andata a scuola?” la loro risposta è stata “perché non c’è posto”.

Purtroppo questo succede ancora nonostante la legge parli chiaro. Infatti, secondo quanto disposto dall’art. 45 del DPR 394/99 “I minori stranieri presenti sul territorio nazionale hanno diritto all’istruzione indipendentemente dalla regolarità della posizione in ordine al loro soggiorno, nelle forme e nei modi previsti per i cittadini italiani. Essi sono soggetti all’obbligo scolastico secondo le disposizioni vigenti in materia. L’iscrizione dei minori stranieri nelle scuote italiane di ogni ordine e grado avviene nei modi e alle condizioni previsti per i minori italiani. Essa può essere richiesta in qualunque periodo dell’anno scolastico. I minori stranieri privi di documentazione anagrafica ovvero in possesso di documentazione irregolare o incompleta sono iscritti con riserva“.

Quindi tutti i bambini/ragazzi stranieri hanno l’obbligo (e il diritto!) di iscriversi a scuola in qualunque periodo dell’anno arrivino, anche se non hanno documenti, e devono essere inseriti in una classe corrispondente alla loro età, anche se non conoscono l’italiano.

Nel caso specifico la bambina di 11 anni, che si chiama M, ha già frequentato la scuola primaria fino all’inizio della classe quinta. Poi a causa della pandemia da Covid-19, insieme alla sua famiglia, è tornata in Bangladesh dove è rimasta per più di un anno. Al ritorno il padre di M ha provato a iscrivere nuovamente la figlia a scuola ma gli hanno risposto che non c’era posto, così si è rivolto al nostro Sportello Sociale per risolvere il problema.

Come primo passo, abbiamo quindi contattato la dirigente scolastica dell’I.C. “Gigi Proietti”, la prof.ssa Alessia Lo Bosco, spiegandole la situazione e chiedendo se era possibile fare l’iscrizione. La dirigente ci ha risposto positivamente e, tramite la segreteria, ci ha inviato tutta la documentazione necessaria per far iscrivere M a scuola.

Così, con le informazioni fornite dal padre della bambina, Fabrizio, che in Associazione è operatore volontario del Servizio Civile Universale, ha compilato tutta la documentazione necessaria e giovedì 3 marzo, insieme a M e ai suoi genitori, l’abbiamo consegnata alla segreteria della scuola, che ci ha comunicato che il lunedì successivo M. poteva ricominciare a frequentare la quinta elementare.

L’iscrizione di M è andata a buon fine ma, purtroppo, non sempre accade così. Infatti, come sostenuto durante l’incontro “A scuola anch’io. Come supportare i genitori stranieri per l’iscrizione scolastica dei propri figli” organizzato in Biblioteca assieme a Rete Scuolemigranti, se la legge garantisce il diritto allo studio per i minori stranieri, molte sono le criticità che quotidianamente vengono riscontrate nel farlo rispettare, e coinvolgono tanto le scuole quanto le famiglie. Ad esempio, diverse scuole si rifiutano di accettare le iscrizioni ad anno scolastico già iniziato o richiedono documenti non dovuti che fanno allungare i tempi. Invece per quanto riguarda le famiglie, non tutte sanno che la scuola è obbligatoria (anche per le bambine) e che si rischiano sanzioni penali, oppure non sono a conoscenza di poter iscrivere i figli in corso d’anno (anche senza documenti), o infine non sono in grado di tutelare i propri diritti nei casi in cui la scuola disattenda le norme.

In conclusione, garantendo il diritto all’istruzione a tutti i minori stranieri, si rispetta quel principio di uguaglianza sancito dall‘art. 3 della Costituzione, poiché è uno degli aspetti dello sviluppo individuale che favorisce l’inclusione sociale e la riduzione della disuguaglianza socio-economica.